Video corso Vocal coach con Roberta Faccani lezione 2

CANTO POP E MUSICAL: LE DIFFERENZE

“Ciao a tutti da Roberta Faccani! Oggi su VOCI.fm vi parlo delle differenze sostanziali tra canto pop e canto musical. Le differenze sono abissali, e non è detto che un grande cantante possa essere per forza anche un grande performer a teatro: non solo perché a teatro si necessita dell’interdisciplinarità – canto, ballo, e recitazione – ma perché sostanzialmente c’è un uso diverso della voce. Nella discografia bisogna essere soprattutto se stessi, cercare l’originalità, riconoscibilità istantanea; in teatro la voce deve essere al servizio del personaggio, che dovrà essere costruito mentalmente, fisicamente, e alla cui esperienza si dovrà asservire la propria voce. In teatro si può cantare sdraiati, seduti, arrampicati, con abiti spesso difficili da portare, quindi la respirazione teatrale sarà diversa da quella della discografia – anche nell’uso dei risuonatori – e più complessa. Ricordiamoci che poi non avremo come microfono un gelato ma un archetto, spesso posto a lato della guancia, ma talvolta anche a goccia sulla testa.

Che cosa è vietato in teatro? Anzitutto l’uso del melisma, a meno che non sia richiesto dalla partitura, poi l’uso dei virtuosismi lasciati a se stessi perché non v’è nesso logico che li colleghi al personaggio. Bisogna prestare grande attenzione all’uso costante della voce perché bisogna cantare in matinée, pomeridiane, serali, spesso fare repliche tutti i giorni, quindi la nostra tenuta dev’essere quasi atletica. Sempre per quanto riguarda il teatro, è fondamentale non uscire mai dal personaggio anche nel parlato: spesso il personaggio dovrà portare la voce per dire semplicemente delle cose senza per forza arrivare a cantarle, e non dovendo cantare come se stessi è quindi necessario un approccio mentale molto differente. Ovviamente il bravo performer cercherà comunque di lasciare la propria firma se può, ma lo deve fare con maestria e tatto.

Nel musical c’è poi il gioco di squadra, dove si è al servizio anche degli altri attori, quindi è come in una staffetta: bisogna ricordarsi dei tempi tecnici, delle entrate, aiutare il compagno se entra male, quindi si deve avere un timing e un tempo comico molto preciso. Ci sono dei performer che pur senza parlare sanno già riempire la scena appena entrano, e qui è la bravura che fa la differenza, ma ricordiamoci anche che spesso una voce ad esempio da soprano potrà essere usata anche come contralto o mezzo soprano, e qui sta l’abilità del performer nel gestire varie voci dentro di sé. Quando ho fatto “Rent”, per esempio – nel 1999/2000 – c’era l’utilizzo di una voce di contralto ma io sono un mezzosoprano (e talvolta soprano).

Indispensabile poi usare lo spazio, le luci, le posizioni in movimento, l’adattabilità ad ogni inconveniente scenico e tecnico; ovviamente nella discografia tutto questo non c’è. Per quanto riguarda la respirazione vi voglio dire un paio di cose: la respirazione diaframmatico-costale del cantante dovrà ricordarsi spesso un utilizzo degli appoggi differente, e sostenere attraverso dinamiche maggiori, questo utilizzando anche dei risuonatori in maschera, la proiezione giusta dei suoni, perché pur avendo i microfoni – assenti nell’opera, invece – si deve cercare di farsi sentire anche dall’ultimo astante in platea. Quindi portare la voce in maniera da articolare bene, farsi capire in tutte le posizioni sia parlate che cantate”.

Guarda la lezione completa in esclusiva su voci.fm.

Elisabetta Landi  – Ufficio stampa astralmusic

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